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Parafrasando il buon Hegel (mi possa perdonare per averlo scomodato ma si sa benissimo che il sommo filosofo tifava Borussia Dortmund e s’è fatto seppellire con la maglia di Mario Goetze) quest’anno il calciomercato italiano si ritrova in una situazione da “notte in cui tutte le vacche sono nere” ovverosia: non essendoci i dinè le differenze tra scarponi e fenomeni diventano sempre più labili in quanto ci si deve per forza accaparrare il talentino di Rio vecchia, classe ’97, tanto forte d’aver fatto milleottocento gol con la maglia della primavera ma da non superare le tre presenze con la prima squadra.

 

“Ma ha il nome esotico, ha quindici anni, secco che tra tre anni massimo è capitano della sua nazionale e lo rivendi al Real, anzi no, anche lì la borsa del papi s’è chiusa, lo rivendi al PSG per 75 milioni”. Immagino possano essere queste le parole del suo procuratore (con un sorriso tanto malizioso da far passare quelli delle 3 carte a Mont Martre del giovani ed innocenti educande)all’incautissimo presidente di turno che, poveretto, non può più permettersi, per colpa della maledetta quanto inflazionata crisi, quei giocatori già fatti, con il pelo sul petto, che per meno di 5 milioni l’anno non giocano per te nemmeno su PES (o FIFA, per par condicio).
E così ci ritroviamo nelle rose delle squadre di A fenomeni che non vedranno nemmeno mai da lontano il campo, per colpa della fretta di trovare un campione in atto quando sappiamo quasi tutti che lo è solamente in potenza; per la fretta di comprare per tre cammelli per poi rivendere a sonanti milioni nel giro di pochi anni.

Poi arriva quello che la sa lunga e ti fa: “Ma dai, non è vero! Noi i campioni ce li facciamo in casa, mica li vendiamo!”.

No, non funziona sempre così, anzi, quasi mai: i giovani della Primavera sono solamente utili pedine di scambio pronte ad esplodere e diventare campionissimi proprio nel momento in cui cambiano squadra.

“Vendita precoce”. È forse questo il vero morbo che deve essere debellato in Serie A, soprattutto ora che, con i soldi che girano nel nostro paese, i presidenti possono a malapena permettersi un pacchetto di patatine, altro che Hulk o Lucas.

Ma c’è un modo di guarire da questa disfunzione? Provo a dire la mia definendo quattro punti che potrebbero quantomeno migliorare la situazione.

1.       Non è perché Mario Cerezo Do Ribeiro Rossinho si chiama così deve per forza essere più forte di Mario Rossi: forse una leggera autarchia nei talenti non potrebbe fare troppo male.

2.       Organizziamo i club di Primavera in modo che giochino con lo stesso modulo della prima squadra e con la stessa idea tecnico-tattica: in questo modo sarà più facile un certo ricambio generazionale.

3.       Non vendiamo il povero Giorgino, terzinetto di 18 anni, solamente perché dopo cinque-sei partite buone ha fatto perdere la propria squadra solo perché non è riuscito a marcare al meglio Totti.

4.       Se proprio vogliamo azzardare: dato che quello dei Primavera pare quasi un campionato bucolico dove tutti si divertono e segnano gol a valanga perché non fare in modo che ogni club di A possa avere un suo personalissimo club “B” che può iscriversi al campionato di serie B? Giusto per rendere i giovanotti pronti nel più breve tempo possibile.

Solo così, probabilmente, potremo finalmente vedere la luce alla fine del tunnel.