Continua la rubrica di SpazioCalcio sui nuovi stranieri della Serie A: oggi parliamo di Ronaldo alla Juve, colpo che ha sconvolto tutto il calcio mondiale.
Nome: Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro
Data di nascita: 5 febbraio 1985
Nazionalità: portoghese
Ruolo: attaccante
Costo trasferimento: 117 milioni
Estate del 1995: tra le tre grandi squadre di Funchal parte la corsa a un piccolo talento dell’Andorinha di nome Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro; il ragazzo ha dodici anni, quindi i numeri della contrattazione non sono stellari: la spunta il Nacional che si spinge a offrire venti palloni, una muta di divise e, cosa fondamentale, l’abbonamento ai mezzi per il ragazzo che lo portasse agli allenamenti alla Choupana, campo di allenamento del settore giovanile degli Alvinegros. Quel campo oggi è sempre là, ma i ragazzi ora giocano e si allenano poco più lontano, nel Cristiano Ronaldo Campus Futebol. In poco più di vent’anni quelle strutture sono passate dall’essere la casa del piccolo Cristiano a portarne il suo nome, perché è lì che è cominciato il mito di CR7.
Al Nacional Ronaldo ci rimane solo due stagioni perché in Portogallo, isole comprese, i ragazzi migliori a giocare a calcio finiscono praticamente tutti ad Alcochete, sede dell’academy dello Sporting, uno dei più importanti del mondo. Cinque anni di giovanili in cui Cristiano ha provato più di una volta la fuga, figlio di un’isola troppo lontana da là, ma la svolta arriva con László Bölöni che la vigilia di Ferragosto dell’anno 2002 lo fa entrare al posto di Toñito niente meno che nel preliminare di Champions League, segnale non poco importante, contro l’Inter di Héctor Cúper che poco prima visse il suo cinque maggio: in stagione saranno ventotto presenze, guardacaso proprio come il suo primo numero di maglia, e tre goal, a partire da ottobre, giorno sette, e la sua doppietta al Moreirense.
Queste cifre bastano a Sir Alex Ferguson: il Manchester United lo porta a Old Trafford, gli dà proprio quel sette dei grandissimi del club, due su tutti George Best e David Beckham che di quella maglia si era appena spogliato, e la cavalcata inglese di CR7, ora per davvero, comincia su quella fascia destra. In quegli stessi giorni, oltre a Sir Alex, c’è un altro allenatore che lo sceglie: si chiama Luiz Felipe Scolari e sta preparando la squadra che, l’estate successiva, dovrà fare la storia nel primo Europeo giocato in casa. L’esordio arriva contro il Kazakhistan, il primo goal proprio all’apertura di quell’Euro 2004 contro la Grecia, che un mese dopo gelò il paese intero in una delle competizioni continentali più pazze di sempre.
Con la maglia dei Red Devils, Ronaldo portò a casa tre Premier League, una FA Cup, due League Cup e soprattutto la notte di Mosca, dieci anni fa contro il Chelsea, in cui iniziò alla grande con il goal di testa, crollò nel baratro sbagliando il rigore e poi finì con la prima Champions League in mano nelle tribune del Luzhniki, e pochi mesi dopo con il suo primo Pallone d’Oro. Le altre quattro della sua carriera le ha alzate tutte con la maglia del Real Madrid: erano in ottanta mila a riempire il Santiago Bernabéu il sei luglio del 2009, quando Di Stefano ed Eusébio gli diedero il benvenuto alla Casa Blanca nella sua unica stagione di CR9, perché il numero sette era ancora sulle spalle di un monumento come Raúl González Blanco.
Alle Merengues diventa solo Cristiano e contribuisce non poco, in nove anni, a riempire di trofei il museo del Real Madrid: quindici trofei di squadra, tra cui le quattro già citate che porteranno altri quattro Palloni d’Oro, e migliaia di titoli personali; ma in questi anni CR7 trova forse la sua più grande soddisfazione in carriera: se nella Selecção di Scolari Ronaldo era troppo piccolo davanti a Figo e Rui Costa, in quella di Fernando Santos è lui il trascinatore e, dodici anni dopo, allo Stade de France di Saint Denis, proprio contro la squadra padrona di casa, il Portogallo si prese la sua rivincita alzando la prima coppa importante della sua storia col trionfo a Euro 2016.
I tantissimi milioni spesi dalla Juventus per portarlo a Torino sono proprio per questo: non solo per i goal, infiniti soprattutto negli ultimi anni, non solo per i trofei, ma soprattutto per il fattore leadership, quello che gli ha permesso di sfatare tabù come quello della Décima, alzata in casa del Benfica che su di lui non credette abbastanza, o come quello della Selecçâo mai vincente prima di lui. Il CR7 trascinatore è quello di cui ha bisogno Allegri, figura che è mancata all’Olympiastadion di Berlino e al Millennium Stadium di Cardiff, proprio sotto i suoi colpi. Il Wanda Metropolitano è il traguardo della Juventus, proprio a Madrid, proprio in casa dell’Atlético che quella Coppa l’ha persa in finale due volte, sempre contro di lui.
LE PRECEDENTI SCHEDE
Darijo Srna – Cagliari
Emre Can – Juventus
Lautaro Martínez – Inter