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Delusione. Stato d’animo più ricorrente fra i tifosi nerazzurri al termine della stagione appena conclusa. Tre cambi in panchina che hanno portato ad un misero sesto posto in campionato e una beffarda eliminazione in Champions League per mano del modesto Marsiglia. La corazzata milanese, poco tempo prima sul tetto del mondo, relegata ad un piccolo posto fuori dall’Europa che conta. Non servono altre parole per inquadrare la fallimentare stagione che ha portato tutti tifosi interisti a levarsi in un unico coro: “La squadra è vecchia, bisogna ringiovanire”.

 

Rivoluzione. Non è sinonimo di successo. Si cerca di cambiare un modello precedente a favore di uno nuovo. Si rischia, si osa e si ribalta tutto quello che fino a quel momento era dato per certo. Ma rivoluzione vuol dire soprattutto “cambiamento”, ed è quello che la dirigenza interista sta cercando di mettere in atto per contrapporsi all’immobilismo degli ultimi due anni.

Rifondazione. Girovagando per il web l’esempio più usato per descrivere una rifondazione è “La ricostruzione di una città distrutta dal terremoto”. L’Inter rappresenta la nostra città diroccata ed appare naturale chiedersi a cosa può essere associato il terremoto. Ad un grande allenatore portoghese che, dopo un patto con il diavolo, ha utilizzato tutta l’energia della squadra in un'unica stagione lasciandoli moribondi e sfiancati ai suoi successori? O alle numerosissime vittorie che hanno saziato società e giocatori come un pranzo di natale troppo abbondante? O al governo, che aumentando l’età pensionabile, ha spaventato i colleghi senatori interisti incollandoli alla panchina? Qualsiasi sia la motivazione è troppo tardi per cercare di risanare le lesioni. Gli edifici sono caduti, ci sono stati feriti e il costo per ripartire sarà elevato. E’ arrivato dunque il momento di ricostruire la città dalle fondamenta, sperando che questa volta  siano antisimiche.