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Una Domenica amara, sotto certi aspetti prevedibile ma tremendamente dolorosa per il tifo milanista.

 

Le previsioni più infauste e pessimistiche si sono infine avverate in tutta la loro cruda e spietata realtà. Il Milan viene sconfitto in casa per 1 a 0 da una coriacea Sampdoria, abile a sfruttare una colossale disattenzione della retroguardia rossonera su calcio d' angolo. Il pareggio molto probabilmente sarebbe stato il risultato più giusto ma i blucerchiati non hanno comunque demeritato, disputando una gara attenta ed accorta imperniata sul gioco di rimessa e sulla vena di Obiang, vero leader del centrocampo doriano.
 
Diametralmente opposta la prestazione della compagine rossonera, una squadra apatica, a tratti rassegnata ed in balia degli eventi, incapace di sovvertire le sorti di un match condotto malamente per tutto l' arco della gara, opponendo all' avversario una manovra disordinata e scevra di idee. I 10 minuti finali rispecchiano fedelmente questo concetto, un forcing convulso e caotico, governato più dalla disperazione che dal raziocinio, condito anche da tanta sfortuna. Un Milan tradito da quei giocatori che, in questo comprensibile momento di difficoltà,  avrebbero dovuto trascinare la squadra con una prestazione decisamente più convincente.
 
Nocerino,Boateng,El Sharaawy,Montolivo, erano questi gli elementi che dovevano e potevano modificare l' inerzia del match con la loro grinta e le loro giocate. Il Milan di questa stagione non può permettersi dei cali di tensione come quelli evidenziati in questa prima gara domenicale, solo con lo spirito di gruppo e con tanta abnegazione è possibile modificare le sorti di una stagione che profuma già di fallimento annunciato. L' unico veramente apprezzabile è stato Robinho, uscito poi per infortunio, attivo su tutto il fronte d' attacco e da premiare per impegno e dedizione, calato nella parte di leader di un reparto ormai orfano di grandi campioni.
 
Perché la verità, ormai nota a tutti, é sempre stata questa: il gigante di Malmö mascherava tutti i difetti cronici di una squadra che, soprattutto grazie a lui, rimaneva comunque estremamente competitiva in ambito nazionale. Problemi che si sono inevitabilmente acuiti con la partenza dello svedese, che era ispiratore e cinico finalizzatore dell' intera manovra rossonera. Difficile sostituire un giocare così fondamentale senza ridimensionare il livello della squadra, figuriamoci poi se non si opera nemmeno per cercare un degno sostituto.
 
Il povero Pazzini non può e non deve raccogliere un' eredità così pesante, ingiusto aspettarsi miracoli da un giocatore la cui prestazione è fortemente subordinata al gioco prodotto dal collettivo. Se la squadra latita nella manovra e non supporta adeguatamente la punta, risulta difficile sfruttare le sue caratteristiche di buon opportunista e rapinatore d' area. L' attaccante italiano si trova costretto a limitare il proprio gioco alla semplice difesa della palla, utile per far salire la squadra ed allargare la manovra ma scarsamente incisiva ai fini del risultato. Un’ azione che, per inciso, sapeva fare molto bene anche Cassano, dotato di ben più estro e qualità rispetto a Gianpaolo.
 
Qualità di cui questa squadra é sempre stata carente, prevalentemente a centrocampo. Lacune compensate dalla classe immensa di due campioni, Ibra e Thiago, che spesso erano i principali artefici e catalizzatori della manovra di squadra, con il difensore brasiliano che sovente era costretto ad impostare l' azione bypassando il centrocampo.  
 
Ed è proprio per questo  che l' apporto di Montolivo dovrà necessariamente prevedere contributi sia qualitativamente che numericamente più elevati rispetto all' opaca prestazione fornita contro i blucerchiati, unico elemento del centrocampo in grado di illuminare una manovra altrimenti ammantata da spesse nubi. Discorso analogo meritano Boateng, Nocerino ed El Sharaawy, colpevoli di prestazioni incolore e mai veramente efficaci nell’ insieme di squadra, con il solo ghanese a riscattarsi parzialmente grazie ad un’ ultima frazione di partita giocata con buon piglio, culminata con una tenace azione personale che lo ha portato alla conclusione, deviata fortuitamente da un giocatore del Genoa ed infranta sul palo.  
 
Adesso cerchiamo di ripartire immediatamente dal Bologna con rinnovate motivazioni, magari puntando proprio su un Pazzini che lo scorso anno, nel primo match della gestione Ranieri,era andato subito in gol contro i felsinei, con la speranza che quel felice episodio possa ripetersi. Spes ultima dea, la speranza è l' ultima a morire. E di speranza, cari amici rossoneri, ne dovremo conservare molta.