Il club di Cellino non ha pagato stipendi e contributi. Ora rischia l’esclusione. La sindaca Castelletti cerca soluzioni alternative per salvare il calcio professionistico in città.
Il Brescia Calcio è ancora formalmente iscritto ai campionati professionistici, ma la sua permanenza in Serie C è appesa a un filo. Il presidente Massimo Cellino non ha pagato stipendi, contributi e ritenute entro la scadenza del 6 giugno, avviando un processo che potrebbe portare all’esclusione del club. La data decisiva è il 24 giugno: entro quel giorno dovranno essere presentati una fideiussione da 700mila euro e i documenti infrastrutturali richiesti dalla Lega Pro. In caso contrario, il Brescia potrebbe essere costretto a ripartire dall’Eccellenza, mantenendo però la storica matricola federale.
DEBITO
La situazione è resa ancora più complessa da un debito che supera i 4 milioni di euro. Nonostante ciò, Cellino non sembra intenzionato a mollare, e continua la sua battaglia legale contro la Federazione e il presidente Gabriele Gravina. Domani sarà discusso l’appello contro la penalizzazione di 8 punti inflitta al club. In caso di esclusione dalla Serie C, Cellino potrebbe ricorrere fino al Consiglio di Stato, passando per il Collegio di Garanzia del Coni e il TAR del Lazio.
Nel frattempo, la città non resta a guardare. Come riporta Brescia Oggi, la sindaca Laura Castelletti ha convocato per stasera un incontro con i presidenti delle tre società bresciane di Serie C – Feralpisalò, Lumezzane e Ospitaletto – per valutare la possibilità di trasferire una di queste squadre allo stadio Rigamonti. Un’operazione complicata dal punto di vista normativo, ma simbolicamente forte: l’obiettivo è garantire a Brescia una presenza nel calcio professionistico, anche in caso di crollo del Brescia Calcio.
Si fa largo anche un’ipotesi clamorosa: due squadre bresciane. Una in Serie C, legata simbolicamente alla città ma con altra identità societaria; l’altra nei dilettanti, con la storica matricola e forse ancora guidata da Cellino. Una prospettiva che divide tifosi e istituzioni: salvare il titolo sportivo o difendere la propria storia?