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Quarto posto dietro Milan, Inter e Napoli, e qualificazione ai preliminari di Champions League; terzo posto dietro Juventus e Milan, e di nuovo accesso ai preliminari della – piccola dedica ai nostalgici come me – Coppa Campioni. Questi gli ultimi due (ottimi) piazzamenti dell'Udinese in campionato, arrivati al termine di stagioni durante le quali la squadra, fatta propria un'identità di gioco ben definita grazie anche al guru Guidolin, è diventata lo spauracchio di ogni “big” della Serie A.

 

Ambizioni da grande, dunque, ma piedi ben saldi a terra, e mentalità e umiltà da piccola: lo dimostra l'allenatore, quel Guidolin che tra il 2004 e il 2008 aveva fatto spola tra Palermo, Genoa, Palermo, Monaco, ancora Palermo, Palermo di nuovo, esoneri e contro-esoneri in perfetto Zamparini-style, che forse, se continuava a richiamarlo, qualcosa di buono in lui lo aveva sicuramente intuito; lo dimostra lo stile di gioco, quel 3-5-2 basso e molto corto, con giocatori rapidi e capaci di ribaltamenti di fronte repentini, portabandiera quel Di Natale capocannoniere della massima serie da ormai due anni consecutivi. Lo dimostra, da ultimo, la gestione societaria, che non ha riscontro immediato sul rettangolo verde tanto quanto lo avrebbe un cambio di modulo o un Pereyra che sostituisce un Maicosuel, ma che, a conti fatti, rappresenta il vero segreto dei recentissimi successi dell'Udinese. Società che, in realtà, assomiglia molto di più a un'azienda che a una squadra di calcio.

Negli ultimi due anni, la squadra friulana si è privata di giocatori del calibro di Inler, Zapata, Sanchez, Pepe, Cuadrado, Denis, Muriel (ora tornato alla base, di qualche giorno fa il suo rinnovo di contratto fino al 2017), Asamoah, Isla, Handanovic, giocatori che, nel campionato subito precedente alla cessione, avevano dimostrato grandi doti e grande talento, e che le squadre di tutto il mondo si sono contesi durante il calciomercato. I sostituti, manco a dirlo, sono stati perfetti sconosciuti: sfido chiunque a dirmi che conosceva Benatia, arrivato nel 2010, poi nominato miglior difensore del torneo, oppure Badu, roccioso numero 7 dai piedi educati. Al termine di ogni sessione di mercato, puntuali erano arrivati i commenti degli addetti ai lavori, che criticavano aspramente l'operato della dirigenza, chiedendosi come un Danilo qualsiasi potesse rimpiazzare nientepopodimenoche la certezza Zapata (poi retrocesso con il suo Villareal, piccola nota di costume).

Un'altra statistica interessante vede l'Udinese, al termine del campionato scorso, la squadra meglio classificata tra quelle che non possono vantare una piazza e un bacino di tifosi esorbitante. Assumendo ormai che Napoli sia diventata una realtà importante del nostro calcio (chissà se De Laurentiis mi regalerà uno scooter dopo questa affermazione), la seconda squadra di questa classifica avulsa è il Parma, arrivata però solamente ottava. Questo a dimostrazione del fatto che la politica societaria dei Pozzo, ampiamente oggetto di discussione tra i tifosi (molti, anche supporter di altre squadre, accusano la famiglia di aver ridotto il calcio a gestione aziendale, escludendo passione e cuore dalla realtà di Udine), paga. E, di più: dando un'occhiata ai bilanci delle “big” (Juve, Inter, Milan, Roma,…), non è necessario essere commercialisti per capire che la loro posizione in classifica è giustificata da sforzi economici non da poco. Si evince dunque che l'Udinese, senza questa politica al risparmio, con fatica riuscirebbe ad occupare ogni anno le zone alte della parte sinistra della classifica, non avendo disponibilità economiche nemmeno paragonabili a quelle delle rivali pluri-scudettate.

Anche quest'anno, la storia si ripete: partono pezzi pregiati, arrivano da Africa e Sud America promesse catapultate dai campi sabbiosi delle favelas alla ribalta della Serie A. Le perplessità, stavolta, appaiono più fondate rispetto agli anni passati: Di Natale sembra aver perso smalto, manca un attaccante di riferimento (Floro Flores è partito per quel di Granada, squadra satellite sempre di proprietà dei Pozzo), sembrano davvero mancare, sul campo e non sulla carta, i sostituti per i campioncini migrati altrove. Come sempre, il campo ci darà le risposte: ad attendere i giocatori bianconeri, la trasferta contro gli altrettanto bianconeri di Siena che, orfani di Destro, proveranno a riscattare quel numero negativo che affianca il loro nome in classifica.