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Ha del folle quello che è successo questo pomeriggio al Massimino, dove è andata in scena una altalena incredibile di emozioni e stravolgimenti che hanno poco di logico e molto di epico. All’intervallo il Catania vinceva 2-0 ed era in completo controllo della partita, al fischio finale a festeggiare è stata l’Inter, non pervenuta nella prima frazione ma capace di una rimonta impensabile nel giro di quarantacinque minuti.

 

Non è possibile dare una spiegazione logica di questo risultato perché semplicemente non c’è: neanche il miglior sceneggiatore di quei film americani sullo sport che terminano sempre con la grande rimonta della squadra del protagonista sarebbe riuscito a concepire una trama come quella che ha invece offerto lo stadio di Catania, ex Cibali passato alla storia per un “clamoroso al Cibali” che può essere tranquillamente riesumato in questa circostanza per sottolineare quanto sia stata “clamorosa” la vittoria dell’Inter, quattro mesi esatti dopo l’ultimo successo esterno in campionato (3 Novembre, Juventus-Inter 1-3) ma soprattutto dopo aver sfiorato un’imbarcata stile Firenze. Il Catania infatti ha dominato per cinquanta minuti, ridicolizzando gli avversari e meritandosi tutti gli elogi che accompagnano la squadra di Maran in questo periodo, avrebbe potuto fare il 3-0 e trovarsi realmente in zona coppe, ma poi è bastato un singolo episodio per cambiare tutto e far risorgere l’undici di Stramaccioni, che fino al 2-1 sembrava formato da undici giocatori del Subbuteo, immobili in campo e in balia dei padroni di casa. È bastato far entrare Rodrigo Palacio, tenuto a riposo in vista del Tottenham a favore di un impresentabile Rocchi, ma non può essere stato solo l’ingresso del Trenza a dare la scossa: ancora una volta, come accaduto anche Domenica scorsa nel derby, l’Inter ha cambiato faccia tra primo e secondo tempo, e se da un lato si può dire che i discorsi nell’intervallo abbiano effetti miracolosi dall’altro si può puntare il dito contro le orribili prime frazioni (non) disputate dai nerazzurri, pietosi in Sicilia così come nel derby, a Firenze, a Roma in Coppa Italia, a Roma contro la Lazio e a Siena giusto per citare qualche partita a caso. La metamorfosi del secondo tempo a Catania è valsa tre punti vitali per la rincorsa alla Champions League, che ora si fa molto interessante con tre squadre in un punto e il vantaggio minimo del Milan che non può ancora valere molto essendoci ancora undici partite da disputare. I rossoneri forse pensavano, a giusta ragione, di essere a +4, ma poi hanno dovuto fare i conti (e non solo loro) con il ciclone Palacio, un uragano che si è scagliato su uno stadio in festa e ha trasformato i salti di gioia dei numerosi tifosi presenti sugli spalti in una delusione difficile da superare. Tutto questo in quarantacinque minuti, o meglio dal quarantacinquesimo al novantunesimo e trentasei secondi: sì perché nonostante il caso Cassano e l’esclusione del barese dalla lista dei convocati per l’argentino non c’è la maglia da titolare, al suo posto gli viene preferito Rocchi (non in lista in Europa League, in campionato non partiva dall’inizio proprio da una gara a Catania, giocava ancora alla Lazio e perse 4-0) unica punta di un 4-2-3-1 con Ricky Álvarez (terza da titolare di fila), Guarín (non più esterno come nel derby) e Schelotto (di nuovo dal 1′ dopo il disastro di Siena) a sostegno, con Álvaro Pereira che si rivede dietro in una difesa d’emergenza senza Samuel, Ranocchia e Nagatomo, praticamente un reparto intero. Problemi nel pacchetto arretrato anche per Maran, costretto a rinunciare agli squalificati Legrottaglie e Bellusci, in mezzo con Spolli gioca Alexis Rolín, poco impegnato in stagione ma curiosamente quasi sempre contro le grandi (debutto contro la Juve, rivisto poi contro Milan, Lazio in Coppa Italia e Napoli più altre due partite e uno spezzone a Parma), il modulo è speculare all’avversario e dietro all’unica punta Bergessio agiscono Castro, Gómez e Isco, dato che Barrientos non ha recuperato. Massimino quasi tutto esaurito e cornice di pubblico invidiabile per una piazza che si sta sempre di più affezionando al grande progetto Catania del presidente Pulvirenti.

PRIMO TEMPO
Sul terreno di gioco scende solo una squadra, e ha la maglia rossoazzurra. Al 5′ Bergessio comincia a prendere la mira, su prima disattenzione della retroguardia interista, ma il suo tiro viene ribattuto dopo essere stato pescato in mezzo all’area da una punizione battuta velocemente da Lodi. Due minuti dopo l’ex Saint-Étienne però non perdona: lancio innocuo dalle retrovie destinato sul fondo, follia di Juan Jesus che lascia sfilare il pallone verso il fondo ma lo protegge in maniera dilettantesca, il centravanti catanese lo aggira, ai limiti della regolarità, e si avventa sul rinvio corto e verso l’interno del brasiliano, ritrovandosi così solo davanti a Handanovic, superato dal destro di Bergessio che vale l’1-0 e il ritorno al gol per la punta argentina, che non aveva mai segnato nel mese di Febbraio (ultimo centro il 20 Gennaio al Genoa, anche lì in apertura di partita). Notte fonda per l’Inter, incapace non solo di reagire ma anche di contenere la furia degli etnei, che continuano ad attaccare senza sosta e al 19′ passano nuovamente: punizione da poco oltre il centrocampo di Lodi, traiettoria lenta e prevedibile verso la parte sinistra dell’area di rigore, Marchese salta indisturbato e indirizza il pallone sul secondo palo, Handanovic resta immobile come tutta la difesa e i gol di vantaggio per il Catania diventano due. Seconda rete per Marchese in questo campionato dopo quella contro la Roma alla prima giornata, a conclusione di un periodo piuttosto negativo nel quale era anche rimasto fuori per problemi contrattuali (è in scadenza, pare sia già d’accordo con il Genoa per Luglio). Dario Argento sarebbe orgoglioso della difesa dell’Inter, il cui piazzamento e i successivi movimenti sono stati degni di un film horror: Chivu resta a guardare, Schelotto lamenta un blocco da parte di Gómez ma ci vuole coraggio per perdere un duello fisico con un giocatore alto un metro e sessantacinque. Encefalogramma piatto per i nerazzurri, mai pericolosi dalle parti di Andújar e vicini all’area di rigore solo con una girata di Rocchi che termina abbondantemente fuori, dall’altra parte invece corrono e si divertono i quattro giocatori offensivi del Catania, alla mezz’ora Bergessio si trasforma in uomo assist e da destra crossa sul secondo palo ma Gómez non riesce a inquadrare la porta di Handanovic. Nel finale, tuttavia, si nota un minimo di reazione da parte degli ospiti, l’azione più pericolosa è un cross di Guarín per Ricky Álvarez, anticipato dal suo omonimo Pablo dentro l’area di rigore. Quando però Bergonzi fischia due volte e manda le squadre negli spogliatoi l’entusiasmo del Massimino è alle stelle, con l’1-1 momentaneo della Fiorentina sul Chievo il Catania sarebbe quinto, addirittura a soli tre punti dal terzo posto del Milan che significherebbe Champions, partono persino cori di scherno nei confronti dell’Inter come per esempio “che ci siete venuti a far”, giusto per ribadire il dominio assoluto da parte della squadra di casa. In effetti l’Inter del primo tempo, tolti gli ultimi cinque minuti, è una cosa di una bruttezza allucinante e di una pochezza disarmante, ben lontana dall’idea di squadra e con la speranza di rincorrere il terzo posto che sembrava morta e sepolta.

SECONDO TEMPO
Fuori il fantasma di Rocchi, non pervenuto per tutto il primo tempo, dentro per manifesta necessità Rodrigo Palacio, c’è anche Stankovic che sostituisce Kuzmanovic. Qualche minuto di attesa prima dell’inizio della ripresa a causa di un problema a un tirante della porta difesa nei primi 45′ dall’inoperoso Andújar (un mistero come si sia potuto rompere un tirante senza che l’Inter abbia mai anche solo sfiorato la rete), poi si riparte ma non sembra che il copione sia mutato, perché al 49′ in contropiede il Catania va a un passo dal 3-0, Bergessio stavolta non ha il killer istinct del bomber e spara addosso a Handanovic un grande assist dalla destra del Papu Gómez. L’Inter rimane in partita e questa azione può essere considerata la “sliding door” della partita, perché due minuti dopo prima Guarín sfiora il palo con un diagonale di destro e poi arriva la rete del 2-1, la firma è di Ricky Álvarez che di testa in tuffo anticipa Spolli e batte Andújar deviando in gol un cross dalla destra di Palacio, bravo a eludere la copertura di Rolín andandosene verso il fondo. Primo centro stagionale per uno dei tanti argentini in campo, curiosamente l’ultimo portiere battuto prima del suo connazionale era stato proprio il suo compagno Handanovic, all’epoca avversario dell’Udinese nell’1-3 del Friuli datato 25 Aprile 2012. Con oltre cinquantuno minuti di ritardo entra in partita anche l’Inter e adesso la gara diventa vera, il Catania comincia a perdere alcune delle tante certezze avute nel primo tempo e anche dietro iniziano a palesarsi alcune crepe, anche se di fatto i nerazzurri non danno continuità al gol del 2-1 ma si limitano a risistemarsi per migliorare la disposizione in campo e organizzare l’assalto finale. Al 68′ altra chance per Bergessio anticipato però da Handanovic in uscita, l’argentino tocca il portiere sloveno che reagisce, l’accenno di rissa viene sedato con qualche difficoltà da Bergonzi che ammonisce entrambi, per l’estremo difensore è un giallo pesante in quanto diffidato (probabile debutto per Carrizo Domenica prossima), di fatto subito dopo questo episodio l’Inter si propone in avanti, tocco sulla sinistra per Pereira che avanza e poi fa partire un gran bel cross a centro area, Palacio si infila tra Spolli e Rolín, colpisce di testa e trova il 2-2: rimonta che comincia a prendere forma per i nerazzurri, più vivi che mai dopo questo gol del pareggio che cambia del tutto l’inerzia del match e rende gli ultimi venti minuti di gioco incandescenti. Il Catania non ne ha più, a parte un bel destro da fuori di Castro che esce di poco non si segnalano altri attacchi dei siciliani e soprattutto manca quella freschezza atletica che aveva contraddistinto la prima ora catanese, l’Inter ha in mano il pallino del gioco e quasi ne approfitta all’84’, ancora con Ricky Álvarez che si libera bene al limite dell’area, non calcia con il destro ma smarca comunque Schelotto che ha due occasioni per bissare il gol del derby (e trovare il gol dell’ex, a Catania ci ha giocato per mezza stagione nel 2010-2011) ma Andújar è bravo a respingere il primo tiro e fortunato a ribattere con la faccia la seconda conclusione dell’esterno italo-argentino. Nell’ultimo giro d’orologio prima del recupero (quattro minuti) altra enorme palla gol per il 2-3, cross verso destra, sponda di Palacio per Cambiasso che prolunga su Schelotto, tocco di ritorno per il numero diciannove che colpisce di controbalzo con il destro e la sfera si perde sul fondo a pochissimi centimetri dal palo lontano con Andújar fuori causa, Cambiasso va così vicinissimo al quinto gol al Massimino ma il risultato non cambia. Ancora per poco, però, perché al 92′ Palacio inventa nuovamente per Cambiasso (determinante giocando solo l’ultimo quarto d’ora) che dentro l’area aggira Spolli e va sul fondo, tocco arretrato per l’accorrente Palacio, che nel frattempo aveva seguito l’azione, e in tap-in con il destro supera Andújar non certo irreprensibile: 2-3, epilogo pazzesco e tre punti che vanno all’Inter dopo una rimonta che fino a quarantacinque minuti prima sembrava pura utopia. Strepitoso l’ex Boca Juniors, alla seconda doppietta da subentrato dopo quella al Cluj e ora a nove gol in campionato, aveva fatto un gol bellissimo all’andata, stavolta ne fa due non così belli ma maledettamente pesanti. La festa è tutta nel settore ospiti, ed è incredibile ripensando a come si era concluso il primo tempo.

L’Inter raggiunge la Lazio al quarto posto in classifica, aggancio importante perché i biancocelesti erano davanti da prima di Natale e nelle prossime giornate non avranno di certo un calendario favorevole, zona Champions League a solo una lunghezza nonostante tre misere vittorie in tutto il 2013 e i quattro mesi senza raccogliere i tre punti lontano dal Meazza. Per i nerazzurri chance di lasciare dietro la squadra di Petkovic Domenica prossima nel posticipo contro il Bologna (Lazio-Fiorentina si giocherà in contemporanea), ma prima c’è da pensare all’andata degli ottavi di Europa League contro il Tottenham, nel pomeriggio vittorioso per 2-1 nel derby del nord di Londra sui rivali cittadini dell’Arsenal, con il fenomeno Bale ancora a segno e pericolo pubblico numero uno per il match di Giovedì sera. Perde in maniera rocambolesca e con tanto amaro in bocca il Catania, tanto bello nel primo tempo quando sovrastato nella ripresa e riportato a una realtà che comunque rimane più che dignitosa, perché i rossoazzurri potranno comunque togliersi delle belle soddisfazioni nelle prossime giornate, magari già Domenica prossima cercando di vendicarsi contro la Juve, vittoriosa al Massimino per 1-0 all’andata (solo i bianconeri e il Milan erano passati in Sicilia prima dell’Inter, poi due 0-0, contro Napoli e Torino giocando gran parte del match in inferiorità numerica e tutte le altre gare vinte) grazie a una serie di decisioni arbitrali errate in favore della capolista.
IL TABELLINO
Catania (4-2-3-1):
Andújar; P. Álvarez, Spolli, Rolín, Marchese; Biagianti (77′ Almirón), Lodi; Izco, Castro, Gómez; Bergessio (85′ Çani). Allenatore: Maran
Inter (4-2-3-1): Handanovic; Zanetti, Juan Jesus, Chivu, A. Pereira; Kuzmanovic (46′ Stankovic), Gargano; Schelotto, Guarín (77′ Cambiasso), R. Álvarez; Rocchi (46′ Palacio). Allenatore: Stramaccioni
Arbitro: Mauro Bergonzi di Genova (Vuoto – Costanzo; Dobosz; Guida – Tommasi)
Reti: 7′ Bergessio, 19′ Marchese, 52′ R. Álvarez (I), 70′, 92′ Palacio (I)
Ammoniti: P. Álvarez, Rolín, Bergessio, Çani (C), Handanovic, Schelotto (I)

[Immagine presa da repubblica.it]