L’allenatore del Como Fabregas racconta le influenze dei grandi tecnici avuti in carriera e spiega il suo calcio propositivo
Cesc Fabregas, attuale tecnico del Como, ha condiviso in un’intervista al Corriere dello Sport-Stadio alcune riflessioni sulla sua esperienza da allenatore, ispirata dai grandi tecnici che ha avuto in carriera, come Antonio Conte, Pep Guardiola e José Mourinho. Fabregas li accomuna per la mentalità vincente, sottolineando come, pur con stili diversi, siano tutti ossessionati dalla vittoria e capaci di trasmettere questa fame ai giocatori. “Antonio è della stessa pasta”, ha detto, sottolineando la determinazione e la passione che accomunano questi allenatori.
LA FILOSOFIA CALCISTICA
Parlando della sua filosofia calcistica, Fabregas ha evidenziato quanto sia importante credere nel proprio stile di gioco. Nonostante riconosca la validità di approcci differenti – dal calcio diretto di Simeone a quello più elaborato di Guardiola – afferma che non potrebbe mai proporre un calcio in cui non crede. “Potrei dire ai miei di giocare palla lunga e cercare la seconda palla, ma non saprei come allenarlo. Il giocatore percepisce subito se credi in quello che dici”. Per Fabregas, la coerenza tra idee e allenamento è fondamentale per trasmettere fiducia alla squadra.
Il Como ha sorpreso molti per la personalità mostrata in campo, nonostante una rosa non costruita su ruoli tradizionali. Fabregas ha spiegato come, per gran parte della stagione, il centrocampo sia stato composto da giocatori offensivi come Da Cunha, Perrone e Caqueret, adattati a ruoli più centrali. Nessuno di loro ha le caratteristiche fisiche e tattiche di un regista classico come Rodri o Paredes, ma l’allenatore spagnolo ha saputo valorizzarli all’interno del suo sistema.
Un episodio significativo che ha segnato la sua crescita come allenatore è avvenuto dopo la promozione in Serie A, durante una cena con Fabio Capello e Fabio Pecchia. Capello gli disse chiaramente che, salendo di categoria, avrebbe dovuto pensare di più alla fase difensiva. “Difesa, difesa, difesa”, ripeteva Capello. Ma quella notte, Fabregas rimase ancora più convinto che mai di voler restare fedele alla propria filosofia: un calcio propositivo, basato sul possesso e sulla costruzione, in cui la fiducia nei propri principi resta il fondamento del successo.