Continua la marcia di avvicinamento alla grande finale di Champions League in programma questo sabato all’Estádio Da Luz di Lisbona: per iniziare a sapere qualcosa di più sulle due squadre arrivate all’atto conclusivo ecco la presentazione della seconda finalista, il Real Madrid.
La decima. Non è solo un semplice numero, ma è l’ossessione di tutti i tifosi del Madrid. Dalla notte di Glasgow del 2002, quella del capolavoro di Zidane, tutti i tecnici passati dal Bernabéu hanno provato a sollevare quella maldita coppa dalle grandi orecchie: da Queiroz a Mourinho (portoghesi, appunto) passando per i vari Camacho, Luxemburgo, Capello, Schuster e Pellegrini. Ma tutti si sono dovuti arrendere a un passo dal sogno: sei eliminazioni consecutive agli ottavi, poi le tre in semifinale dell’era Mou. Ora tocca al “nostro” Carlo Ancelotti provare ad arrivare dove gli altri non sono arrivati, a cacciare via quell’ossessione che aleggia da dodici anni sopra la Casa Blanca. Quest’anno le Merengues hanno già sollevato al cielo di Valencia la Copa del Rey contro il nemico di sempre, il Barcellona, e hanno accarezzato il sogno della Liga fino alla notte stregata di Valladolid, quando l’infortunio di Ronaldo e il colpo di testa di Osorio hanno spento anche l’ultima speranza di trionfo, andando poi alla deriva a Vigo nell’ultima al Balaídos di Luis Enrique (prossimo allenatore del Barcellona, appunto). Ora la notte che chiude una stagione, al Da Luz, dove a fare gli onori di casa sarà Manuel Rui Costa, che con Ancelotti quella coppa l’ha già alzata nel 2003, l’anno in cui si accese quella maledizione che lo stesso Don Carlo ora farà di tutto per spegnere.
Il cammino in Europa
Sedici punti su diciotto in un girone quasi trionfale per il Real, lo stesso che ha condannato la Juventus all’addio all’Europa dei grandi sotto, o meglio sopra, la neve di Istanbul. Proprio la Juve è stata l’unica che, a Torino, è riuscita a strappare un punto ai Blancos. Per il resto cinque vittorie e percorso netto al Bernabéu contro Galatasaray e Copenhagen, oltre ai bianconeri. Poi la fase a elimiazione diretta giocata tutta in Germania. Gli ottavi in passerella contro lo Schalke 04, con nove goal tra andata e ritorno. I quarti contro il Borussia, killer della scorsa stagione, con il 3-0 dell’andata che sembrava mettere tutto al sicuro ma solo un grande Casillas ha evitato che il 2-0 del ritorno della squadra di Klopp non diventasse 3-0 e, chissà, qualcosa di peggio. Infine le semifinali contro i campioni in carica, il Bayern, ma soprattutto contro l’avversario peggiore del recente passato: Pep Guardiola. Il goal di Benzema dava poca fiducia per il ritorno in Baviera, ma all’Allianz Arena è stato un trionfo: 0-4 con le doppiette di Sérgio Ramos e Ronaldo. Proprio quest’ultimo è la nota più positiva di tutta la stagione del Real. Il portoghese, guardacaso, è alla migliore stagione della sua carriera, coronata da quattro traguardi personali niente male: il Pallone d’oro vinto a gennaio, il titolo di Pichichi della Liga con 31 goal, quello di Scarpa d’oro, in coabitazione con Luis Suárez, e infine quello di capocannoniere proprio della Champions League con 16 reti, sbriciolando il record storico per singola stagione di Altafini e del rivale di sempre Leo Messi. Ma queste 16 reti potrebbero anche diventare di più perché, infortuni a parte, Cristiano a Lisbona ci sarà. Eccome se ci sarà.
Come arriva la squadra alla finale
Da un punto di vista morale, il campionato perso nelle trasferte di Valladolid e Vigo potrebbe incidere, soprattutto alla luce della stagione che ha fatto l’Atlético, con la Liga vinta proprio qualche giorno fa. Ma una finale di Champions è sempre una finale di Champions, e tutto quello che succede prima sparisce come per magia al calcio d’inizio. L’unico assente sicuro sarà Xabi Alonso, squalificato, che dovrebbe essere sostituito da Illarramendi, oltre a Jesé che ha chiuso la stagione a marzo con la rottura del crociato. Poi sono tre i veri punti interrogativi in casa Real. Pepe ha subito una lesione muscolare di primo grado al polpaccio sinistro nella sfida di Valladolid, i medici hanno diagnosticato uno stop di qualche settimana ma negli ultimi giorni non nascondono un cauto ottimismo. Benzema ha problemi all’adduttore sinistro, ma non dovrebbe essere in dubbio. E infine Cristiano Ronaldo, che da settimane lotta contro una lesione al bicipite femorale. I medici non si espongono anche perché, conoscendo CR7, scenderebbe in campo anche senza una gamba pur di non mancare all’appuntamento della finale tanto attesa, quella nel suo paese. Per il resto dovrebbe essere tutto confermato, con Arbeloa, Sérgio Ramos e Marcelo sicuri in difesa, Modric e Di María a centrocampo e Bale a completare l’attacco, per cercarsi un posto nella storia dalla parte giusta, quella dei vincitori, e per non essere solo uno dei tanti tesori sprecati della storia del Real.
In conclusione, il Real arriva alla finale con l’ovvio favore del pronostico, solo per il nome che si porta dietro. Ma l’Atlético è campione di Spagna e ha già dimostrato di essere in grado di sovvertire tutte le previsioni, così in patria come in Europa. Ancelotti è alla quarta finale da allenatore, quindi ha l’esperienza giusta per affrontare questo tipo di appuntamenti, così come Ronaldo, che di finali ne ha già giocate due con la maglia dei Red devils, e così come tutti gli spagnoli, reduci dal triplo successo internazionale con la Roja. Ma spesso l’esperienza non basta, come Ancelotti capì molto bene in quel di Istanbul nove anni fa: ci vuole qualcosa in più per portare a casa quel trofeo, come fortuna, massime energie e soprattutto la voglia di crederci fino all’ultimo rigore, se necessario. Di una cosa al Real sono sicuri: nel primo derby cittadino della storia delle finali europee, il Real non può permettersi di lasciare che il trofeo, dopo dodici anni di ossessione, vada proprio dall’altra sponda di Madrid, lasciando che i tifosi rojiblancos continuino a festeggiare per le vie di quella città che fino a poco tempo fa era solo blanca.
[Immagine da www.uefa.com]