L’ex bandiera rossonera Rivera attacca il club, la FIGC e il sistema: “Oggi comandano i soldi e i procuratori. I giovani non giocano più”
Gianni Rivera, leggenda del calcio italiano e simbolo eterno del Milan, si è raccontato senza filtri in un’intervista rilasciata a Libero. L’ex Pallone d’Oro ha toccato numerosi temi, dal declino del calcio italiano alla gestione del Milan, passando per la Nazionale e i giovani talenti dimenticati.
“Perché il Milan non mi ha mai preso in considerazione? Forse ho dato fastidio perché ho sempre detto quello che pensavo. E non mi si parli del Milan americano: gli americani non capiscono ancora il calcio. Hanno persino mandato via Maldini”, ha dichiarato Rivera, visibilmente amareggiato per il rapporto freddo con il club che lo ha reso grande.
Sul calcio moderno, l’ex numero 10 è netto: “Non mi ci riconosco più. Oggi comandano i soldi, e i giocatori non si ribellano. Ai miei tempi fondammo il sindacato per tutelare i nostri diritti. Ora, invece, si accetta tutto in silenzio”.
Rivera ha poi lanciato una stoccata anche alla FIGC: “Non sono mai stato manovrabile, per questo mi hanno tenuto ai margini. Ho avuto un ruolo federale solo quando c’era Abete. Gravina? L’unica volta che ho provato a contattarlo non mi ha nemmeno risposto”.
Parlando del caso Acerbi e delle convocazioni in Nazionale, Rivera ha ricordato con orgoglio il suo senso di responsabilità: “Io ho sempre risposto presente, anche quando sapevo che sarei rimasto in panchina. In Messico, nella famosa staffetta con Mazzola, ci furono pressioni strane”.
Infine, una riflessione amara sui giovani: “Camarda è in panchina, ma io a 15 anni giocavo in Serie A. Oggi sarebbe impossibile. I Rivera, i Totti e i Del Piero ci sarebbero ancora, ma non giocano. Comandano i procuratori, che spesso fanno il male del calcio”.
Sull’Italia di Gattuso, Rivera ha chiuso con un augurio: “Il prossimo anno i Mondiali iniziano all’Azteca, lo stesso stadio del ’70. Non aggiungo altro. Io, dal divano, tiferò sempre per la Nazionale”.